I dati del sondaggio di Ipr Marketing per il Mattino di oggi
sono utili a chiarire alcune delle variabili che influenzeranno la campagna
elettorale per le prossime comunali, purché presi come una fotografia del
momento in cui è stato fatto il sondaggio e soprattutto se confrontati con le
reali tendenze di voto in città dalle elezioni politiche del 2013 ad oggi.
Il sondaggio conferma anzitutto che, con quattro schieramenti in campo, il
prossimo sindaco di Napoli sarà eletto necessariamente al ballottaggio. Nessuno
dei candidati sondati raccoglie, infatti, più di un terzo delle dichiarazioni
di voto espresse, prefigurando uno scenario analogo a quello che portò De
Magistris alla vittoria quattro anni fa.
Come ben sanno gli addetti ai lavori, esiste però una
differenza sostanziale tra il primo turno ed il secondo turno. Il primo turno
vede sullo stesso piano la popolarità del candidato sindaco ed il lavoro degli
aspiranti consiglieri comunali e di municipalità, un esercito di centinaia di
candidati che battono i territori di riferimento incessantemente. Il secondo
turno, invece, è di fatto un confronto diretto tra i due nomi rimasti in campo
e la loro capacità di penetrare l’ elettorato degli esclusi al primo turno.
Tenuto conto delle caratteristiche dei due turni, il dato
più interessante del sondaggio non riguarda i candidati ipotizzati, sui cui
nomi i sondaggi diretti sono attendibili piuttosto al secondo turno, anziché al
primo, ma la volontà di votare dichiarata come sicura dal 56% degli elettori e
possibile dal 27%, assieme alle intenzioni di voto ai partiti.
Anzitutto la disponibilità al voto. Si tratta della vera
novità, tenuto conto della bassissima percentuale di affluenza al voto delle
ultime due tornate elettorali: il 42,84% alle europee del 2014 ed il 40,6% alle
regionali di quest’ anno. Alle politiche del 2013 avevano votato in città circa
460mila elettori, pari al 60,1% degli aventi diritto. Nel 2014 erano stati
330mila (130mila in meno), e 320mila nel 2015 (140mila in meno).
Secondo il sondaggio Ipr Marketing sono pronti a votare
circa 440mila elettori, 120mila in più delle regionali, abbastanza da
modificare sensibilmente lo scenario, a patto di capire per chi sono
intenzionati a votare gli elettori che si sono astenuti nell’ ultimo anno e
mezzo.
Nel 2013 la coalizione con Bersani arrivava in città a circa
135mila elettori. Il Pd delle europee del 2014 a 130mila voti, e nella stessa
tornata la lista Tzipras a 18mila. Alle regionali, Vincenzo de Luca si è
fermato a 110mila voti e Salvatore Vozza ad 11mila.
La coalizione per Berlusconi del 2013 arrivò a 136mila voti,
mentre alle europee Forza Italia si fermò a 58mila voti, NCD in cartello con l’
UDC a 10mila, altrettanti Fratelli d’ Italia. Alle regionali, il centrodestra di
Caldoro si è fermato a 100mila voti.
Il M5S è passato dai 110mila voti del 2013, agli 85mila
delle europee, ai 71mila delle regionali.
Tutti gli schieramenti hanno, in definitiva, contribuito a rafforzare le fila del non voto,
ma in maniera non omogenea. Il M5S ha perso in due anni quasi 40mila elettori
in maniera progressiva. Il centrodestra ha toccato il minimo alle europee con
meno 56mila voti, recuperandone circa ventimila alle regionali successive.
Spiegabile con l’effetto Renzi l’andamento del
centrosinistra. Alle europee il Pd incrementa, anche se di poco, i suoi voti senza
pescare a sinistra, anzi cedendo voti alla lista Tzipras. I voti nuovi arrivano
presumibilmente dall’ elettorato di centrodestra, mentre sull’ estrema sinistra
confluisce anche un po’ di voto grillino, sebbene la gran parte decida di
restare a casa.
Ora una parte consistente di quegli elettori, almeno
120mila, dice di essere pronta a votare.
Secondo il sondaggio i partiti del centrodestra supererebbero
i 100mila voti delle regionali attestandosi di poco sotto i 110mila. I partiti
con De Magistris arriverebbero attorno ai 90mila voti; più o meno lo stesso dei
partiti del centrosinistra. A fare la parte del leone sarebbe il M5S che
potrebbe diventare di gran lunga il partito più votato, andando oltre ai 110
mila voti del 2013. Determinante, secondo il sondaggio, la scelta del candidato sindaco. De Maio raccoglierebbe integralmente il voto dato alla lista, che altrimenti andrebbe in parte disperso con un candidato poco conosciuto.
Tenuto conto dell’ importanza delle coalizioni e del voto
alle liste al primo turno, potrebbe verificarsi una situazione sensibilmente
diversa da quella ipotizzata dal sondaggio, con un ballottaggio finale tra il
centrodestra ed il M5S, complice la spaccatura tra centrosinistra ed arancioni.
Uno scenario che promette cambiamenti radicali di marcia, e
che spingerà necessariamente il Pd alla ricerca di alleanze con i partiti
minori che finora hanno sostenuto De Magistris. Ma che, soprattutto, consiglia maggiore
attenzione nella ricerca di un candidato adeguato ad ampliare i consensi possibili.
In quest’ ottica il dato più interessante è il 76% di
giudizio negativo nei confronti del Bassolino Presidente di Regione dal 2000 al
2010 che rende difficile pensare ad ampliamenti della platea elettorale al
secondo turno, trattandosi oltretutto di un personaggio conosciuto dalla
totalità degli elettori.
I voti reali dicono che a Napoli il bacino elettorale del
centrosinistra si è allargato alle europee dell’ anno scorso per l’ effetto Renzi,
in soldoni una proposta di rottura con il passato ritenuta credibile e sostenuta
da un abile comunicatore, capace di far percepire come possibile il cambiamento
auspicato.
Al netto del presidente del Consiglio in carica, la ricerca
di un ‘renzino’, un Renzi in sedicesimi caratterizzato dall' essere un uomo nuovo e da una visione innovativa di città ben comunicata, sembra
l’ unica maniera che avrà il Partito Democratico per riuscire anzitutto ad arrivare al
ballottaggio e poi pensare addirittura di vincere.
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